Squid Game. I soldi che uccidono

PADRE: Ciao Franci, ciao Marco, cosa fate tutti in cucina con la mamma?

FIGLI: Abbiamo deciso di fare un lavoro di squadra per la cena. Marco fa la pasta, io il secondo e mamma il dolce.

P: Che bella idea. E io cosa faccio?

MADRE: Tu fai il caffè, amore. La macchinetta è già pronta, devi solo accendere il fuoco. Ce la puoi fare…

F: Papà, sai che ieri sera abbiamo visto l’ultima puntata di “Squid Game”?

P: E…?

F: Ci è piaciuto un sacco, avevi ragione.

P: Ve l’avevo detto. Io, tra l’altro, l’ho trovata molto istruttiva. Andrebbe fatta vedere nelle scuole.

F: Magari le superiori…

P: Sì, in effetti le superiori meglio. Voglio spiegarvi perché dico così, ma prima mi dite voi cosa ci avete visto?

F: Secondo me è geniale. La contrapposizione tra i giochi da bambini e la crudeltà del mondo adulto. L’ambientazione e i personaggi da videogame, la suspence per l’esito delle gare, perfino la musichetta che detta i ritmi del giorno e della notte è perfetta. Non avrei mai pensato di rimanere incollato a guardare una serie coreana sottotitolata.

P: Non raccontiamo troppo se no lo spoileriamo alla mamma nel caso si convincesse a vederlo. E tu Franci?

F: Io credo che sia un’analisi molto amara dell’umanità al giorno d’oggi. Non puoi più davvero fidarti di nessuno e i soldi la fanno da padrone anche sugli affetti. È sicuramente molto forte e angosciosa. Però fai fatica a non guardare l’episodio successivo, mi era successo solo con “Breaking Bad”, non a caso un altro squarcio sulla miseria umana. Spezzerei poi una lancia per i personaggi femminili. Senza che Marco mi salti addosso, mi sembrano le persone migliori.

F: E cosa ti aspettavi da una produzione televisiva della nuova era? Se non avessero esaltato i ruoli femminili magari neanche gliela finanziavano.

P: Dai ragazzi non riprendiamo le polemiche su questo argomento. Stiamo sul tema, vi dico quello che mi sono portato a casa io. L’importanza di questa serie è che parla, in modo lucido e senza sconti, del nostro rapporto con il denaro.

M: Ma veramente avevamo davvero bisogno dell’ennesima fiction sul tema? Mi sembra che nel mondo di oggi non si parli che di soldi.

P: La mamma ha ragione ma questa tocca tasti diversi, più profondi. Se ci riflettete un attimo i soldi sono da sempre la priorità degli esseri umani dopo la salute. Ora pensate ai progressi che abbiamo fatto nel curare le malattie. Oggi la conoscenza e la tecnologia ci consentono di fare cose impensabili solo qualche anno fa. Non a caso la vita media è molto cresciuta. È successo lo stesso con i soldi? Percepite un livello di conoscenza e di controllo sul denaro maggiore delle generazioni precedenti? Io no, anzi mi sembra esattamente il contrario. Eppure, anche in questo campo la scienza ha fatto enormi progressi. Due Nobel sono stati assegnati alla finanza comportamentale, la neuroeconomia è perfino riuscita a scoprire quali regioni del cervello entrano in azione con riferimento alle decisioni economiche. Perché non impariamo? Perché continuiamo ad avere un rapporto così complesso con il denaro? Perché quasi tutto quello che ascoltiamo o leggiamo è di natura tecnica. Mutui, obbligazioni, tassi di interesse, inflazione. Certo, l’educazione finanziaria è importante e ci aiuta ad evitare errori stupidi - e peraltro da noi è ancora un’illustre sconosciuta. Ma quando si parla di soldi è la psicologia a farla da padrona sugli aspetti tecnici. E capire sé stessi e le persone che ci circondano è molto, molto più complicato. Questo è il tema principale di “Squid Game”. C’è sicuramente una denuncia del sistema capitalistico e delle sue disuguaglianze che si sono aggravate negli ultimi anni. Ma soprattutto ti fa vedere quanto siamo ancora lontani dall’avere la consapevolezza del potere dei soldi. Vi ricordate quella enorme palla di vetro piena di banconote, sospesa sopra le teste dei partecipanti? È la figura più iconica di tutta la serie. I partecipanti, distrutti fisicamente e moralmente, la guardano quasi per nutrirsi dell’energia necessaria a proseguire. Nella palla vedono l’indipendenza, la libertà, la felicità. Si aggrappano a un dio pagano, un dio che può dare la vita ma anche la morte. Un tiranno. Per sopravvivere bisogna conoscerlo. E questo spiega la scelta finale del protagonista. Lui ha capito con chi ha a che fare.

F: Scusa papà, ma quelle persone muoiono perché non hanno soldi, non perché non li conoscono.

P: Sicura Franci? Guarda che sono tutte lì per lo stesso motivo. Sono soffocate dai debiti. Certo sono povere ma potrebbero vivere modestamente come le due vecchie madri. Inseguono invece una vita al di sopra delle loro possibilità e finiscono schiacciate da somme che non potranno mai ripagare. Qui c’è un’altra lezione da portarsi a casa. I tassi a zero stanno incentivando le persone a prendere denaro in prestito. È un affare, mi costa poco. Ma un debito è sempre un debito. Lo dovrai restituire. E se qualcosa nella vita ti gira storto può diventare un’impresa disperata. A quel punto il suo costo è del tutto irrilevante, purtroppo.

F: Ho letto però che questa è una situazione tipica della Corea del Sud dove il debito privato è una piaga nazionale. Fortunatamente in Italia la gente risparmia, indebitarsi fa ancora paura e i nostri valori sono diversi. Da noi lo stato ti istruisce e ti cura. Noi non ci comporteremmo mai come quei concorrenti. E poi… ma perché sorridi?

P: Perché le nostre ferree convinzioni spesso si sciolgono di fronte alla dura realtà. Ci sono molti studi che dimostrano come le persone in determinate situazioni fanno cose che non avrebbero mai pensato di fare. Anche tu Marco oggi saresti pronto a giurare che non prenderesti mai tutti quei soldi a debito e non commetteresti mai quelle atrocità, ma la verità è che non lo puoi sapere. E non c’è niente meglio dei soldi per spazzare via le nostre convinzioni e scoprire che siamo molto peggiori di quello che pensiamo di essere. Lo so, è difficile cambiare idea in peggio su sé stessi… voi mi avete aiutato spesso a farlo.

F: Non era difficile… A parte gli scherzi, non esageriamo però! Questa è una fiction e oggi per fare audience è tutto estremizzato. La realtà fortunatamente non è così cupa.

P: In generale hai ragione, ma a volte la realtà può essere molto peggiore. Sul denaro che uccide dovreste andarvi a leggere quello che è successo a una donna in Irlanda il mese scorso. Margaret Loughrey, disoccupata che viveva in uno stato di semi-povertà grazie al sussidio statale, trova in tasca due sterline, gioca alla lotteria e vince un jackpot da oltre trenta milioni di euro.

F: Magari…

P: Già, magari. Per una persona in quelle condizioni vincere tutti quei soldi può voler dire la fine di tutti i problemi, una vita nuova su un piatto d’argento. Se ci pensate è una situazione esattamente speculare a quella dei concorrenti sudcoreani. Margaret non è più povera, è diventata una delle donne più ricche d’Irlanda. Però ha lo stesso problema. Non conosce il denaro. Non solo non sa come investirlo ma non si rende neanche conto di quanto possa trasformare lei e le persone che la circondano. Per i media e il mondo esterno diventa Maggie Millions. Pensa sia un soprannome carino, scoprirà che è la sua nuova identità sociale. Vi ricordate… non so quale serie… in cui i protagonisti avevano sulla fronte il numero di like di Instagram come se fosse la targa di una macchina? Ecco, sulla fronte di Margaret c’è il saldo del suo conto corrente. Le persone intorno a lei fanno a gara per darle consigli e formule su come non farsi ammaliare e rovinare da quell’improvvisa ricchezza ma sono proprio loro a non essere più le stesse. La prima dimostrazione, la più lampante e dolorosa, sono i suoi quattro fratelli e sua sorella a cui comunica di aver donato un milione a testa. Forse si aspettava salti di gioia ma trova solo sguardi rapaci di chi non ha nessuna intenzione di accontentarsi di così poco. Cosa ci dovrà mai fare con il resto di tutti quei soldi? È probabile che un brivido le sia corso lungo la schiena. È come se per la prima volta, dopo la vincita, avesse capito il mondo che l’aspetta. Un mondo di mani tese, insaziabili. Margaret si sente assediata. Inizia a bere, diventa violenta e viene anche condannata per aggressione. Rilascia un’amara intervista alla BBC nella quale dichiara che il jackpot è stato un biglietto di andata e ritorno dall’inferno. Immagino abbiate capito come finisce la storia. Vi dico solo che i funerali glieli ha organizzati il suo commercialista perché nessuno tra parenti e amici se ne è voluto occupare.

F: Ma secondo te qual è quindi la soluzione per evitare di finire in queste situazioni?

P: Non lo so Marco, non c’è una soluzione magica. Se fosse solo una questione di imparare la convenienza di un mutuo rispetto ad un altro o l’importanza dell’interesse composto ti direi che un buon libro o un corso di educazione finanziaria ti basta. Ma se è vero come è vero che la componente psicologica è decisiva in molte decisioni che prendiamo relative ai soldi, beh allora la questione è molto più complessa. Innanzitutto perché, come gli stessi psicologici sanno bene, non basta sapere come comportarsi per poi implementarlo nella vita reale. E poi perché ognuno di noi è profondamente diverso dal suo prossimo e quello che va bene per me potrebbe essere del tutto inadatto a te o a Franci. In questo campo la cronaca, le biografie, ma anche la fiction e la letteratura funzionano molto di più dei libri di testo. Ecco l’importanza delle storie come “Squid Game” o gli esempi di vita vera come Maggie Millions.

F: Uhm, bene, bene chiacchierata interessante ma pesantina. Sparecchiamo?

F: Si dai, così andiamo a vedere Alice in Borderland.

P: E di cosa parla?

F: Di alcuni giovani in Giappone che per sopravvivere devono superare dei giochi sadici.

P: Voi siete fuori! Lillo? Andiamo a fare un giro.

Indietro
Indietro

Il (crescente) rumore delle tasse

Avanti
Avanti

Un’occasione mancata per l’Occidente