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Da ragazzo ho sempre sognato di fare l’imprenditore. Non importava in quale ambito, volevo assolutamente essere padrone del mio destino. Non si trattava quindi di un sogno. Direi più di un impegno verso me stesso. Una motivazione fortissima che mi ha accompagnato per tutta la vita.

Ci sono riuscito in un settore, quello finanziario, dove è sempre stato molto molto difficile farlo. Ai miei tempi il mercato era in mano alle banche e gli unici imprenditori nel mondo degli investimenti erano gli agenti di cambio, una ristrettissima cerchia di persone quasi impenetrabile dall’esterno.

Bisognava scommettere sul fatto che anche in Italia sarebbe nato un vero mercato dei capitali. Cosa che, fortunatamente per me, accadde in coincidenza con il mio primo impiego presso la Banca Manusardi (oggi Fideuram) e l’arrivo dei fondi comuni di investimento. 

Era il 1985. L’esperienza chiave per diventare imprenditore la feci come manager in Giubergia Warburg. Una start up nata dall’unione di due forze, la famiglia Giubergia e il gruppo inglese Warburg, a quei tempi uno dei marchi più noti della City londinese. Venivo da Mediobanca, e i soci mi offrirono di guidare l’azienda. Avevo solo 32 anni, un’opportunità straordinaria. La società divenne negli anni successivi leader nell’intermediazione di Piazza Affari e fu il mio trampolino di lancio per l’avventura imprenditoriale che avevo tanto atteso.

Nel 1999, in un ufficio temporaneo di Via Conservatorio a Milano, in mezzo a scatoloni e speranze, prese forma Kairos. Un’azienda che ho guidato per oltre vent’anni e che è stata per me molto di più di un lavoro. È stata la mia passione. Ma non ho mai dimenticato un altro impegno che sin da ragazzo avevo preso con me stesso, quello di cambiare vita al compimento dei sessant’anni. Come scrivo in “Uomini e Soldi” non mi sarei mai aspettato che fosse proprio quest’ultimo passo ad essere il più difficile. Lasciare l’azienda che hai contribuito a fondare e che hai guidato per tanti anni, le persone che hai selezionato una ad una e con le quali hai attraversato ogni genere di difficoltà, i clienti e le loro famiglie, è un pensiero che spesso mi ha preso alla gola e tolto il sonno. Ma sono andato avanti certo di fare la cosa giusta.

Così ho fondato Samhita. Già la scelta del nome dice molto. Kairos è un archetipo che indica il momento magico, il carpe diem. La fase nella vita in cui sei al massimo delle tue capacità fisiche e intellettive. Samhita vuol dire collegare, unire, mettere insieme. Appartiene a una fase diversa, in cui la saggezza che proviene dall’esperienza prevale sulla forza dell’azione.

Investimenti, consulenza, filantropia, educazione finanziaria. C’è ancora tanto, tanto da fare. Ma in un modo diverso e solo insieme alle persone con le quali condivido idee e valori.